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Storia del paese

Denominazione appropriata del paese sarebbe quella di Castelvecchio, da Castrum vetus, come esso veniva anticamente chiamato. La dizione primitiva si mutò in quella di Castelvetro, che costituisce una deformazione dell’altra, perché da Castrum vetus derivò la forma latina volgarizzata Castellum vetus, divenuta Castelvetus per abbreviazione ed italianizzata in Castelvetro.

L’origine del paese si riallaccia alla costruzione in luogo di una fortezza romana contemporanea forse a quella di Zibello fatta erigere da Marco Bruto, pretore della provincia di Cremona, quale baluardo a difesa dell’impero dopo la sconfitta dei Galli da parte del console Marco Aurelio.

Già nel sec. XIII la fortezza era ridotta, con le mura che la cingevano, ad un ammasso di rovine, come si rileva da un documento dell’archivio comunale di Cremona dell’11 febbraio 1221, pubblicato dall’Astegiano.

Il primo documento che accenni all’esistenza del borgo è una pergamena cremonese del 15 ottobre 1055: riguarda l’investitura a favore dei canonici della cattedrale di Cremona, da parte dell’imperatore carolingio Enrico, di terreni posti in varie località, fra le quali, appunto, Castelvetro, che agli stessi canonici appartenne a lungo.

Appare evidente che sia il Comune che la Chiesa di Cremona tenevano possedimenti in Castelvetro; soprattutto la Chiesa, che li amministrava per il tramite dei suoi vassalli Sommi e Bonifaci, nella parte più a sud, e Dovara.

L’Astegiano, sulla scorta dei documenti in dotazione dell’archivio comunale di Cremona, afferma infatti che l’espandersi della diocesi cremonese sulla destra del Po nei luoghi che nel 1601 passarono alla diocesi di Borgo San Donnino fu conseguenza dei possedimenti acquistati dalla Chiesa e delle conquiste del Comune; e precisa che Castelvetro faceva parte ancor prima d’una delle corti donate dai carolingi all’episcopio cremonese.

Non è possibile stabilire con esattezza i confini dell’antica corte di Castelvetro, ma essi non dovevano comprendere una zona molto vasta se questa era circoscritta fra Croce S. Spirito, considerata sobborgo della città, San Giuliano e Monticelli d’Ongina. In un atto dell’imperatore Berengario (an. 916-921) Monticelli d’Ongina veniva distinta come un ampio possedimento dell’episcopio cremonese e San Giuliano come una delle vaste pievi dello stesso episcopio. Se ne deduce che l’estensione territoriale della corte di Castelvetro fosse quella dell’attuale capoluogo, fatta esclusione di Croce S. Spirito e per di più, a quel tempo, limitata nella parte a settentrione dal ramo vivo del Po denominato Pausiolo, che, oltre l’attuale crocevia della statale Due Ponti, seguiva il tracciato del cavo Morta.

Storicamente, Castelvetro seguì le sorti di Cremona durante il governo episcopale e comunale; incorporata poi allo Stato Pallavicino, assorbita dal Ducato di Milano, passò infine sotto la giurisdizione dei Farnese, che nel 1698 la cocessero in investitura al marchese Federico Coppalati. Un esponente di questa famiglia, Don Gherardo, fu parroco di Castelvetro dal 1724 al 1745. I Coppalati mantennero il possesso di Castelvetro sino agli inizi del 1800; estintasi in quel tempo la famiglia con la marchesa Carolina, moglie del marchese Pavesi Negri, il feudo tornò a far parte del Ducato di Parma e Piacenza sino all’unità d’Italia.

L’erezione del paese a capoluogo del comune, compreso nel circondario di Monticelli d’Ongina, risale al 15 giugno 1814 e fu confermata dalla granduchessa Maria Luigia l’11 giugno 1820.






Tratto da: Dario Soresina, Enciclopedia Diocesana Fidentina – Città e Paesi (vol. II), Fidenza 1974, col. 296-307.